Prima di diventare professionista di golf, dopo l’ennesima gara caratterizzata da clamorose, quanto inaspettate, perdite di colpi in momenti non particolarmente cruciali di una competizione, si è fatta in me l’incontenibile necessità di superare questi momenti limitanti, di rimuovere gli schemi che li provocavano.
Fino a quel momento avevo dedicato tutta la mia attenzione alla tecnica dello swing e del putt, continuando a lavorare esclusivamente sulla meccanica del golf. Dopo una serie di riflessioni basate su letture di alcuni testi di psicologia e delle esperienze di grandi giocatori, mi sono reso conto che fino a quel momento avevo dimenticato di prendere in considerazione un altro aspetto fondamentale del golf: quello mentale,.
È cosi che ho iniziato ad approfondire l’argomento con Roberto, sviluppando, successivamente, insieme a lui quello che troverete in questo libro.
Vorremmo sottolineare all’unisono che la parte mentale rappresenta un aspetto fondamentale del gioco
del golf.
Certamente la tecnica è il prerequisito fondamentale sul quale costruire la propria performance golfistica; per quanto si possa pensare nella maniera più ottimistica possibile, non c’è alcuna possibilità di giocare bene a golf senza avere acquisito solide basi tecniche in grado di garantire un movimento efficace e ripetitivo,almeno in allenamento.
Una volta raggiunto questo obiettivo, assodato obbiettivamente che si è tecnicamente preparati per
raggiungere un determinato obbiettivo golfistico, “certificato” dal proprio maestro, che si è in grado di riprodurre correttamente ed in maniera ripetitiva lo swing e il putt, la domanda cruciale diviene questa: quali sono i meccanismi che determinano la riuscita o meno di un colpo?
Ovvio che un gran bel colpo deriva da un gesto tecnico corretto e che un colpo che non dà i risultati
desiderati è frutto di un gesto tecnico non adeguato al tipo di risultato che desideravamo;ma, premesso che possediamo ripetitività nel colpo, come mai abbiamo sbagliato proprio quel colpo e proprio in quel
momento? Quali sono i meccanismi che danno il “via” alla realizzazione di un colpo sbagliato, quando
si è tranquillamente in grado di eseguirlo correttamente?
Tanto più il livello del giocatore è alto, quanto più questo genere di argomenti diventa fondamentale, perché ad una solida base tecnica occorre l’accompagnamento di un sistema mentale altrettanto competitivo. Solo una precisa abitudine all’utilizzo delle abilità mentali consente o meno di sfruttare tutto il potenziale
golfistico, acquisito attraverso il lavoro fatto sulla tecnica e sulla preparazione atletica e strategica.
Prendiamo ad esempio un giocatore del Tour.
Quando l’ osserviamo noi vediamo l’esito dei suoi processi psicofisici, il suo swing e l’efficacia del risultato, ma non sappiamo quali sono i processi mentali che hanno consentito quel esito, in quale stato d’animo si trovava mentre otteneva questo risultato. In questo modo pensiamo erroneamente di poter replicare quello che abbiamo visto fare, semplicemente cercando di ripetere meccanicamente ciò che ci appare, solamente forzando i nostri muscoli nel tentativo di emulare la sequenza di posizioni che abbiamo visto, senza curarci di sapere cosa ha dato il via a quei movimenti, quali stati interni li hanno prodotti.
Ogni giocatore cerca di riprodurre lo stesso tipo di movimento basandosi su conoscenze e competenze di carattere tecnico. Ma se muoviamo dalla considerazione che uno swing è tecnicamente uguale per periodi di tempo medio lunghi, diciamo almeno uno o due mesi, come possiamo spiegare il fatto che nell’arco di
15-20 giorni, ossia di due gare consecutive un giocatore possa passare dalla condizione di non passare il taglio, a quella di vincitore di un open o di piazzato nei “top ten”?
Non si tratta forse di un giocatore tecnicamente allo stesso livello di qualche giorno o di qualche settimana prima? Possiamo pensare che dopo lunghi anni di pratica, proprio in quella settimana il giocatore abbia “scoperto” ed acquisito quello che tecnicamente gli mancava? Evidentemente no!
Avete avuto l’esperienza di vedere in azione in campo pratica giocatori in grado di realizzare colpi eccezionalmente efficaci e ripetitivi che perdono questa efficacia e ripetitività non appena si trovano sul percorso?
O giocatori efficaci e ripetitivi sul percorso che smarriscono entrambe queste caratteristiche non appena si cimentino in una gara qualsiasi?
Sono questi esempi che fanno emergere in maniera evidente l’importanza di una adeguata preparazione mentale per poter essere in grado di conseguire congruentemente i propri obbiettivi golfistici.
Si tratta di un settore, la psicologia dello sport e lo sviluppo delle abilità mentali, nel quale la maggior parte degli sportivi non sono sufficientemente preparati per una lunga serie di motivi; non ultimo quello che si tratta spesso di processi inconsci, che il giocatore fa in automatico, senza consapevolezza, grazie al fatto che sono state acquisite e automatizzate nel tempo. Le abilità mentali vanno apprese e automatizzate nello stesso modo, ma purtroppo la maggioranza delle persone pensa che queste debbano essere innate, in ossequio al mito del “talento naturale”, per questa ragione non si avvicinano mai al tabernacolo dei “doni divini” o se volete ai più moderni incantesimi del patrimonio genetico. A causa dell’ignoranza sui meccanismi mentali e cognitivi riteniamo di non poterli modificare.
I servomeccanismi che regolano il funzionamento della mente, hanno bisogno di essere allenati e controllati, perché, se ci dimentichiamo di ciò, tendono ad innescare inevitabili errori nella sequenza dei processi cognitivi.
Definiamo processi cognitivi tutti quei meccanismi che il Sistema Nervoso Centrale (SNC) mette in atto per immagazzinare e comparare le informazioni in ingresso, valutare e decidere in base ad obiettivi prefissati, organizzare ed emettere una adeguata risposta comportamentale.
Una volta conosciuti i processi cognitivi utili alla performance, bisognerà allenarli, al fine di automatizzarli, proprio come si fa nell’apprendimento e nel mantenimento delle abilità tecniche. Sarà solo a quel punto che inizieranno a dare i risultati desiderati; che saranno comunque inevitabilmente proporzionati alle capacità tecniche acquisite.
Il nostro proposito, in questo libro, è quello di svelare quali sono le imprecisioni o le omissioni nei processi mentali che il golfista solitamente compie, quali sono le conseguenze, e quali le possibilità di uscita, parlandone sia in modo scientifico, sia attraverso quelli che sono i pensieri di un giocatore di golf che si è trovato, e spesso ancora si trova, in quelle specifiche situazioni e condizioni di gioco in cui è costretto a confrontarsi.